Prosegue con “responsabilità e concretezza” il percorso dell’Unità di Crisi nel condurre una battaglia “cruciale” per il diritto alla salute dei cittadini lucani e il ripristino della legalità attraverso le armi della trasparenza e della razionalità. Michele Cataldi, portavoce dell’Unità di Crisi, a pochi giorni dalla proposta consegnata al Consiglio Regionale per chiedere l’approvazione di un emendamento che possa far uscire dalla crisi sanitaria in cui ci troviamo attualmente, ritorna nel merito della questione per sgomberare qualsiasi possibile dubbio sulla natura e sull’efficacia dell’iniziativa.
Un pilastro fondamentale della proposta di emendamento consegnata a tutti i consiglieri regionali, a saldo zero e ad effetto immediato, riguarda 2 leggi nazionali per niente applicate oppure applicate molto male dagli uffici del Dipartimento salute. “Sarà un caso?” – chiede Cataldi – ma al momento non siamo per niente appassionati ad indagare. Siamo convinti invece, che serva informare e spiegare, con buona fede, su come stanno realmente le cose: sulle vere tragedie che stanno vivendo le strutture, gli operatori e i pazienti e, soprattutto, spiegare che la nostra proposta è una reale via d’uscita, fatta di semplicità, buon senso e, principalmente, legalità”.
“Un punto da mettere bene in evidenza è che le liste di attesa (ritardi nelle cure) e la crisi delle strutture accreditate sono fortemente connesse. Per dirla meglio e in modo più chiaro: nessuno può dubitare del fatto che – aggiunge Cataldi – dimezzando la capacità di risposta delle strutture accreditate, le liste di attesa aumentino in proporzione, soprattutto in quanto non è prevista nessuna vera ed immediata alternativa ai servizi che attualmente svolgono le strutture accreditate.
È un fatto inconfutabile ed è esattamente ciò che stiamo vivendo.
Quello che ne consegue è una catastrofica situazione davvero grottesca e punitiva per strutture e pazienti. E allora la domanda sorge spontanea: come mai si dimezza la capacità di produrre le prestazioni che servono? La risposta, che è sempre stata propinata dagli uffici del Dipartimento salute come un disco rotto, è che c’è una legge nazionale che imporrebbe un limite di contenimento della spesa per la specialistica ambulatoriale privata. Risposta creata ad arte, fuorviante e quindi intrisa di falsità”. Per il portavoce dell’Unità di crisi sanitaria “la norma in questione è il famoso decreto Balduzzi sulla spending review risalente al 2012. Chiunque voglia leggere, in italiano e non in burocratese, questa norma (nel nostro caso un solo comma), si accorgerebbe subito che il limite ivi stabilito riguarda la spesa complessiva e non quella della specialistica ambulatoriale! Resterebbe quindi nelle scelte della Giunta regionale, com’è giusto che sia, la decisione sul come destinare al meglio le risorse, si auspica secondo criteri di necessità e fabbisogno sanitario, rispettando il limite della spesa complessiva. A margine di questo semplice ragionamento – e non meno importante – la Regione Basilicata avrebbe dovuto chiedere da tempo al Governo nazionale, e a maggior ragione chiederlo immediatamente, di uscire dal raggio di azione congelante del ‘Balduzzi’ visto che il Molise lo ha fatto e la Basilicata ne avrebbe maggior titolo per aver il peso del privato accreditato più basso d’Italia. Ma l’esplosione delle liste di attesa e la crisi delle strutture accreditate hanno un’altra legge inattuata alle spalle. Si tratta del decreto “Milleproroghe”, con il quale il Governo nazionale ha liberato ulteriori e nuove risorse per il 2023. Siamo a maggio 2023 e della sua attuazione in Basilicata non vi è traccia alcuna. Eppure, il Ministro Schillaci ha solennemente rimproverato le Regioni, tra cui la nostra – aggiunge Cataldi – che restano ferme senza utilizzare le risorse davanti alle liste di attesa, cioè a fronte di un disperato bisogno di prestazioni sanitarie dei cittadini.
Ed è qui che si inserisce la nostra proposta pubblica, inviata a tutti i consiglieri regionali. Che cosa si può fare per uscire dalla palude burocratica che soffoca strutture, lavoratori e pazienti? Semplice: ripristinare la corretta attuazione del ‘Balduzzi’ aggiornando tempestivamente i contratti vigenti con le strutture e dare immediata attuazione al “Milleproroghe”, investendo le Aziende sanitarie locali – evidenzia Cataldi – per attivare la committenza sulle prestazioni critiche in lista di attesa. In pratica si propone una norma di “razionalizzazione” fissando scadenze ravvicinate e certe! Non darsi delle scadenze equivarrebbe a voler spegnere un incendio quando la casa è ormai ridotta in cenere”.
La posizione dell’Unità di Crisi, che vede l’appoggio dei lavoratori e delle associazioni di categoria e dei pazienti, “è di evidente bontà e concretezza e sfocia nella soluzione proposta, che non può far altro che portare miglioramenti, basandosi su una razionalizzazione delle risorse legata alle attuali necessità di salute dei cittadini. Senza scendere in polemiche fuorvianti, giova segnalare che l’Unità di crisi sanitaria della Basilicata – aggiunge il portavoce- è un soggetto non lucrativo istituzionalmente ben identificato, visto che sin dalla sua costituzione ha inoltrato a Regione Basilicata, AASSLL e Prefetture il proprio statuto con l’elenco delle strutture aderenti che versano in crisi aziendale, oltre agli innumerevoli incontri verbalizzati con le Istituzioni pubbliche. È davvero superfluo spiegare chi è l’Unità di crisi, cosa vuole e che sta facendo per operatori e pazienti della sanità lucana. Parlano i fatti, basta con le vuote chiacchiere.
Le risorse economiche disponibili, è importantissimo chiarirlo, non appartengono a nessuna struttura sanitaria, ma sono risorse che appartengono ai cittadini e che le istituzioni hanno il dovere di utilizzarle, nei termini di legge, nel modo migliore per soddisfare le esigenze sanitarie della popolazione” conclude Cataldi.–
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