Il dossier ENI Enemy of the Planet di Legambiente, foto e video disponibili qui: http://bit.ly/2xR9ZPG
Legambiente torna a lanciare l’allarme sul pericolo che ENI, l’azienda energetica a prevalente capitale pubblico nemica del clima, rappresenta se le sue politiche non cambieranno direzione di marcia e, al passaggio di Goletta Verde diretta in Calabria, ha organizzato un blitz a Marina di Pisticci esponendo lo striscione Eni Enemy of the Planet.
In un dossier che raccoglie numeri e storie, l’associazione ambientalista fa il punto sui progetti di ENI, sulle fonti fossili e sulle rinnovabili. E il quadro restituito è quello di una società proiettata verso un futuro di espansione delle estrazioni di petrolio e di gas, che riserva alla fonti pulite solo briciole di investimenti.
“Per la Basilicata e la Val d’Agri – si legge nella nota – l’ultimo appena trascorso è stato un ventennio di sviluppo negato in cui l’attività estrattiva di ENI ha messo a rischio la salute, le risorse naturali, l’economia e l’identità dei territori. Qui, dove negli anni ‘90 è iniziato lo sfruttamento del giacimento a terra più importante d’Europa, con 38 pozzi, di cui di cui 22 eroganti, non si contano i casi di inquinamento e di incidenti importanti.
Per citare soltanto quello più eclatante, nel 2017, uno sversamento di idrocarburi ha interessato il centro oli di Viggiano e la falda sottostante portando la Procura di Potenza ad avviare un’inchiesta per danni ambientali anche in seguito all’esposto di Legambiente, in linea con la legge n.68/2015 sugli ecoreati. In seguito a questa indagine, lo scorso aprile è stato arrestato per disastro ambientale, abuso d’ufficio e falso ideologico un dirigente dell’ENI, all’epoca dei fatti responsabile del centro oli di Viggiano e insieme a lui sono state indagate 13 persone tra le quali anche componenti del comitato tecnico regionale della Basilicata. È in corso a Potenza il processo sullo smaltimento illegale di rifiuti, in parte attraverso la reimmissione di acque di processo in alcuni pozzi in Val d’Agri.”
Mentre tutto il mondo parla di lotta alla crisi climatica, di obiettivi di decarbonizzazione e di come sviluppare urgentemente azioni di adattamento e di mitigazione al surriscaldamento globale, l’ENI batte il suo record di produzione: 1,9 milioni di barili al giorno nel 2018, il numero più alto mai registrato dalla compagnia (+5% di produzione rispetto al 2017).
“Pensiamo che ENI stia sbagliando rotta e chiediamo al governo Conte di essere coerente con gli impegni sottoscritti a livello internazionale – commenta il portavoce di Goletta Verde, Mattia Lolli – e di avviare al più presto un piano di riconversione delle attività di ENI che punti alle rinnovabili. Oggi le fonti fossili godono di sussidi pari a 18,8 miliardi di euro, ma le rinnovabili sono competitive e possono sostituirle in tanti usi. Fermare le nuove ricerche di petrolio e gas, promuovere l’efficienza e le rinnovabili nella produzione elettrica, nell’industria, nei trasporti e nell’edilizia: questa è la soluzione per liberarci dalla dittatura delle fossili”.
Nell’Appennino Centro-Meridionale ENI è operatore di maggioranza della concessione Val d’Agri, con il 60,77%, dove sono presenti i giacimenti di Monte Alpi, Monte Enoc e Cerro Falcone. Nel 2017 i giacimenti hanno fornito il 38% della produzione ENI in Italia.
“In Basilicata è necessario definire una strategia d’uscita dal petrolio e dalle fonti fossili – aggiunge il presidente di Legambiente Basilicata Antonio Lanorte – Dopo anni di sfruttamento petrolifero, ENI dovrebbe davvero cominciare a restituire al territorio almeno parte di quanto, ed è tanto, ha ricevuto da esso. E dovrebbe farlo attraverso un ritorno rilevante per i territori in termini di progetti reali di compensazione socio-ambientale che recuperino il protagonismo delle comunità locali. In vista del rinnovo decennale della concessione Val d’Agri una vera “exit strategy” dal petrolio va attuata mettendo in campo reali piani industriali ed efficaci progetti di transizione verso comparti produttivi moderni e sostenibili lontani dal petrolio, capaci di incrementare gli attuali livelli occupazionali. Tenendo ben presente che ogni idea di sviluppo per queste aree non può continuare ad essere imperniata sullo sfruttamento delle risorse petrolifere. Al contrario i prossimi anni dovranno essere fondati su una riconversione 100% rinnovabile del sistema energetico, con la dismissione graduale dei pozzi attivi, la bonifica delle aree contaminate, il rafforzamento e il recupero di credibilità di un sistema di controllo e monitoraggio gestito dalla mano pubblica e il blocco immediato di qualsiasi ampliamento dei progetti di estrazione”.
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