Quarta tappa per la campagna d’informazione e sensibilizzazione di Legambiente sui rischi legati alle dispersioni e agli sprechi del gas metano
Legambiente: “In Basilicata troppe questioni aperte sul monitoraggio delle emissioni. Per attività legate al fossile, necessario garantire condizioni di sicurezza e un moderno sistema di controllo”
Per info sulla campagna >>> https://changeclimatechange.it/campagne/
Tappa in Basilicata, in Val d’Agri, per la campagna d’informazione e sensibilizzazione “C’è Puzza di Gas. Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, promossa da Legambiente e sviluppata con il supporto di Clean Air Task Force (CATF). Due i principali obiettivi dell’iniziativa: far conoscere a territori, cittadine e cittadini i rischi legati a dispersioni e sprechi di gas metano immesso direttamente in atmosfera e spingere l’Italia e l’Europa ad approvare norme e regolamenti ambiziosi finalizzati a ridurne nel tempo, fino ad azzerarne, le emissioni.
Considerato dai ricercatori un super inquinante, il metano è un gas fossile dall’effetto climalterante fino a 86 volte più potente di quello della CO2: gli scienziati delle Nazioni Unite stimano che riducendo del 45% l’inquinamento da metano in tutti i settori in questo decennio si potrebbe prevenire un riscaldamento di 0,3°C nei prossimi 30 anni.
Domani, venerdì 14 ottobre, alle ore 10.00, Legambiente ha organizzato un presidio per accendere l’attenzione sul tema a Viggiano (PZ), davanti all’ingresso del Centro Oli Val d’Agri, l’impianto gestito da ENI al centro di due inchieste giudiziarie: la prima per traffico illecito di rifiuti, con condanne di primo grado comminate ai vertici della multinazionale, la seconda per disastro ambientale. Per quest’ultima è ancora in corso il processo, scaturito anche grazie a un esposto di Legambiente, che vede ex dirigenti e dipendenti ENI imputati per la fuoriuscita, nel 2017, di 400 tonnellate di petrolio dai serbatoi, con conseguente contaminazione di 26 mila metri quadri di suolo e sottosuolo.
Utilizzo e consumi di gas fossile. La Basilicata è la maggiore produttrice di idrocarburi in Italia ma è al contempo anche la terz’ultima Regione per consumi di gas fossile, seguita soltanto da Sardegna e Valle d’Aosta, con 369,2 milioni di smc utilizzati nel 2020, distribuiti prevalentemente tra uso industriale e domestico. La rilevanza degli idrocarburi è dovuta in gran parte alle attività di esplorazione e coltivazione. L’utilizzo delle fonti fossili nella produzione di energia termoelettrica è, d’altro canto, estremamente contenuto e in controtendenza rispetto al resto d’Italia: dei 3,8 TWh prodotti nel 2020, l’82% proviene infatti da eolico, solare e idroelettrico. Ciononostante, considerati i consumi finali lordi, nel mix energetico lucano prodotti petroliferi e gas fossile continuano a costituire oltre il 50% di energia consumata.
Produzione di idrocarburi e dispersioni di gas. La Basilicata conta ben 116 pozzi, di cui 15 utilizzabili per lo stoccaggio; 31 sono produttivi, mentre circa 70 sono produttivi non eroganti, e dunque inattivi, con il rischio che continuino a verificarsi emissioni di metano. Complessivamente sono stati concessi 2.555,34 kmq di territorio legato alle attività produttive di idrocarburi, corrispondenti al 25% del territorio regionale. Nel 2021 la produzione di olio greggio ha costituito l’82,7% di quella nazionale, il gas fossile il 34%, mentre la Basilicata è attualmente l’unica regione italiana a produrre GPL. Sovrapponendo i dati della produzione di gas fossile con le perdite stimate che caratterizzano il settore, in generale è possibile che in Basilicata vengano dispersi direttamente in atmosfera tra i 4 e i 36 milioni di metri cubi di gas ogni anno.
“Per contenere le emissioni di gas metano legate al settore energetico fossile, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che a nostro parere non è sufficientemente ambiziosa: serve introdurre norme più stringenti per migliorarlo e renderlo più efficace, soprattutto rispetto al gas fossile importato dall’estero. L’UE deve resistere alle pressioni dell’industria dei combustibili fossili – dichiara Adriano Della Bruna, dell’ufficio Energia di Legambiente – Al contempo, a livello nazionale, è possibile adottare politiche per il recupero del gas sprecato, senza aumentare la produzione dei giacimenti o cercarne di nuovi: un tema su cui vogliamo porre l’attenzione attraverso la nostra campagna che tocca anche la Basilicata, maggiore produttrice di gas fossile e petrolio in Italia. Qui, in particolare, l’assenza di un Piano energetico regionale aggiornato rende complesso prevedere gli sviluppi futuri del settore. Tra nuove istanze di ricerca d’idrocarburi e riconversioni a gas fossili d’impianti termoelettrici, la direzione intrapresa, tuttavia, non sembra quella di una riduzione massiccia dell’uso di fossili”.
“Il tema delle perdite, del rilascio e della combustione in torcia di gas fossile dalle infrastrutture richiama inevitabilmente quello della qualità dell’aria nei territori interessati dalle estrazioni. Ci sono ancora troppe questioni aperte sul monitoraggio delle emissioni, in particolare nelle aree dei due Centri Oli di Viggiano e Corleto Perticara – osserva Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata – In tal senso, è opportuno sottolineare il peso che rivestono, da un lato, l’assenza di dati precedenti le attività e quindi l’impossibilità di un confronto con la situazione attuale, dall’altro, le problematiche nel monitoraggio di inquinanti importanti dal punto di vista ambientale e sanitario come idrogeno solforato, composti organici volatili, idrocarburi non metanici e particolato sottile. Più in generale, sul tema della sostenibilità delle attività legate al fossile, è necessario garantire quelle condizioni di sicurezza risultate carenti in oltre 20 anni di estrazioni, con livelli di approssimazione spesso preoccupanti e inaccettabili da parte delle compagnie petrolifere. Fondamentale capire come la Basilicata intenda recuperare il tempo perduto sul fronte dei controlli, della sicurezza e delle bonifiche, costruendo un moderno sistema di monitoraggio e ripristino ambientale e adottando organicamente strumenti di valutazione e prevenzione sanitaria”.
Monitoraggi dispersioni 2021. Le riprese fatte da Clean Air Task Force nei luoghi di produzione e trattamento di idrocarburi dimostrano come questi ultimi siano fortemente interessati da dispersioni volontarie e non volontarie di metano in atmosfera, contribuendo a peggiorare l’attuale situazione climatica e generando un importante spreco di risorse. Il trattamento e la raccolta di idrocarburi in Basilicata sono affidati a otto centrali, su parte delle quali la Clean Air Task Force nel 2021 ha condotto delle attività di monitoraggio per verificare la presenza di perdite di metano in atmosfera: come si evince dalle riprese effettuate, nel sito di Garaguso sono state registrate importanti dispersioni derivanti da attività di venting, mentre a Tempa Rossa è stata osservata una importante fiaccola di flaring. Un altro caso, sempre in Basilicata, è quello della stazione gas di Moliterno, all’interno della quale CATF ha osservato un’attività di venting costante da tre diverse scatole di misurazione.
Le otto tappe di “C’è Puzza di Gas”. Dopo la prime quattro tappe in Sardegna a Portoscuso (SU), in Abruzzo a Sulmona (AQ), in Sicilia a Gela (CL) presso il Terminal del Greenstream e in Basilicata al Centro Oli Val D’Agri di Viggiano (PZ), la campagna arriverà a novembre in Liguria a Porto Venere (SP), presso il Terminal GNL di Panigaglia. Ancora, a dicembre in Veneto, a gennaio in Campania e a febbraio in Emilia-Romagna a Minerbio (BO), presso il Centro di Stoccaggio e contro il futuro approdo della Rete Adriatica del gas.
Ufficio stampa Legambiente:
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