“La mancata riapertura a Palazzo San Gervasio del Centro di accoglienza per lavoratori stagionali, di fatto, con i problemi di questi giorni che vedono i lavoratori immigrati “accampati” come possono e senza tutele prima fra tutte della dignità umana, rende meno controllabile il fenomeno del caporalato”. Così Antonio Nisi, dirigente Cia-Agricoltori di Palazzo, riferendo che “per ora a Palazzo sono arrivate tra i 50 e i 60 extracomunitari, quasi tutti di origine africana, ma il problema sarà decisamente più grave nelle prossime settimane quando diventerà più difficile controllare l’assunzione regolare di manodopera. La raccolta del pomodoro – aggiunge – non è ancora iniziata e stiamo assistendo all’ormai decennale situazione che vede casolari abbandonati delle nostre campagne diventati luoghi di ricovero, molto precari e senza condizioni igieniche minime”. Nisi inoltre evidenzia il crescente aumento dei costi aziendali: tra manodopera, gasolio, spese vive ci vogliono tra 8 e 9 mila euro per ogni ettaro di pomodoro che sarà raccolto e che – evidenzia – si presenta di ottima qualità e buona quantità.
Sul problema caporalato, Giambattista Lorusso, presidente Cia-Agricoltori Potenza, ribadisce, dopo la tragedia di Latina, che “il rifiuto del lavoro nero e del caporalato sono due dei principi cardine che guidano la nostra azione sindacale. È chiaro che le eccellenze del nostro Made in Italy devono essere legate non solo alla qualità indiscussa delle produzioni agricole italiane, ma anche alla qualità e alla dignità del lavoro e della vita dei lavoratori agricoltori”. Lorusso riferisce del “pressing” svolto nei confronti del Presidente Bardi che ha prodotto il sopralluogo insieme al Prefetto di Potenza Michele Campanaro alla struttura di Palazzo e gli impegni ad accogliere già da giovedì prossimo le prime decine di immigrati e a predisporre un bando regionale per accoglienza diffusa negli appartamenti vuoti e nelle strutture alberghiere ed agriturismi. “E’ necessario- dice Lorusso – accelerare al massimo gli adempimenti attivando un Tavolo permanente per la stagione della grande raccolta prodotti ortofrutticoli”. La Cia Basilicata è convinta, infatti, che sia necessario rendere più agevoli e meno rigidi i canali di ingresso regolare degli stranieri e che questo sia l’unico vero deterrente all’immigrazione clandestina.
L’incertezza di programmare il fabbisogno occupazionale secondo la Cia lucana- si andrebbe poi ad aggiungere all’incertezza quotidiana in cui vivono le aziende agricole aggravandone ulteriormente le difficoltà.
Tale impostazione è la conferma tangibile che il sistema produttivo ed imprenditoriale agricolo lucano è non solo a sostegno di ogni tipo di iniziativa volta a migliorare e sostenere adeguate e consone condizioni di accoglienza, ospitalità e permanenza ma avamposto di quella cultura dell’integrazione che trova le sue radici nel mondo contadino e nella cultura solidaristica che è parte integrante del nostro mondo produttivo rurale e fra i nostri Imprenditori agricoli e le loro famiglie.
Il presidente nazionale Cristiano Fini aggiunge: “Non basta solo esprimere profondo cordoglio davanti all’inaccettabile vicenda del bracciante indiano, Satnam Singh, vergognosamente abbandonato in strada dopo il gravissimo infortunio nei campi nell’Agro Pontino. Serve fare di più e valorizzare e tutelare le tante aziende agricole che operano in regime di legalità”, ha spiegato Fini. Riguardo al Decreto Flussi -secondo Cia- bisognerebbe innanzitutto creare una black list nella quale inserire quei datori di lavoro che nei click day precedenti, pur avendo ottenuto il visto d’ingresso per i lavoratori richiesti, non hanno poi formalizzato il contratto di soggiorno e, quindi, l’assunzione. Inibire per almeno tre anni tali soggetti dalla presentazione delle istanze permetterebbe non solo di alleggerire il sistema informatico del ministero, ma soprattutto di ridurre i tempi di accoglimento e rilascio dei visti. Ancora meglio, sarebbe superare la procedura del click day attraverso una prenotazione numerica della manodopera extra Ue da parte dei datori di lavoro, che andrebbe effettuata prima del precaricamento delle istanze, così da permettere al ministero di valutare correttamente il numero delle quote in base al fabbisogno reale.
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