Tra qualche mese non sarà più possibile produrre una fattura d’acquisto o di vendita con un qualsiasi programma digitale, stamparla e portarla all’associazione per la registrazione. Occorrerà produrre l’ormai nota fattura elettronica, introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 e definita nel Collegato alla Legge di Bilancio 2019. L’obbligo di fatturazione digitale tra privati – nei rapporti commerciali tra professionisti e Pubblica Amministrazione era già in vigore – prevede l’utilizzo di uno specifico sistema informatico e di un particolare formato (xml) per inviarla al Sistema Interscambio dell’Agenzia delle Entrate (SDI), che si occupa di notificarla a clienti o fornitori.
Un sistema complesso che, secondo Cia – Agricoltori Potenza, servirà unicamente a complicare la vita e il lavoro delle aziende agricole.
“La fatturazione elettronica – spiegano Rocco Cavallo e Vito Romano del Caf Cia Potenza – finirà per diventare un ulteriore onere amministrativo per le aziende agricole. Perché è naturale che l’agricoltore –- così come l’artigiano o chi lavora ‘sul campo’ ogni giorno, non ha tempo di mettersi davanti al pc o usare un’app per la fatturazione. Peraltro chi conduce un’azienda agricola ha solitamente un’età elevata, quindi verrà a crearsi un profondo digital divide, con persone che non hanno accesso a tecnologia e banda larga – ci sono alcune zone del ferrarese dove si fatica a prendere qualsiasi segnale digitale – o le competenze per utilizzarla. Quindi l’agricoltore dovrà pagare il tempo e la conoscenza degli altri”.
Sembra che con una mano il Governo attraverso il cosiddetto decreto anti-burocrazia (in attesa di stesura definitiva) conceda qualcosa e con l’altra – dicono i funzionari Cia – si prenda altro tempo dagli agricoltori.
L’agricoltore lucano paga alla burocrazia in media due euro ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7200 euro l’anno. Un “peso” opprimente che costringe ogni impresa a produrre materiale burocratico cartaceo che messo in fila supera i 4 chilometri.
Non basta. Occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo può assolvere da solo e che, quindi, nel 65 per cento dei casi è costretto ad assumere una persona che svolge questa attività e per il restante 32 per cento si rivolge a un professionista esterno, con costi facilmente immaginabili. Un dato emblematico che conferma le difficoltà dei produttori davanti al “mostro” burocratico, secondo quanto denuncia la Cia-Agricoltori.
Una situazione, quindi, allarmante che crea insormontabili problemi all’imprenditore che non intende certo sottrarsi alla legalità dei controlli: secondo un sondaggio della Cia, oltre il 90 per cento degli agricoltori ha denunciato ostacoli e difficoltà per la propria attività a causa della burocrazia e chiede, quindi, una semplificazione amministrativa e fiscale che è ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo.
Proprio a causa di questo “peso”, il 25,5 per cento delle aziende agricole del nostro Paese ha messo da parte progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca, il 21,5 per cento non ha compiuto alcun tipo di investimento, il 18,7 per cento è stato costretto a ridurre le coltivazioni.
“Come associazione che offre dei servizi e come rappresentanti sindacali dei lavoratori agricoli – continuano Cavallo e Romano – vorremmo che l’evasione venisse combattuta lavorando sul recupero dei grandi capitali, senza colpire in maniera ‘preventiva’ tutti coloro che hanno una partita Iva, magari piccole imprese o liberi professionisti che già faticano a fare reddito”.
“Peraltro evitare di pagare le tasse nel settore agricolo è molto difficile, perché dall’acquisto dei mezzi tecnici e agrofarmaci al conferimento di prodotti, tutto è rigorosamente tracciato. Ovviamente sarebbe complesso esonerare le aziende agricole dal nuovo sistema, ma si potrebbe pensare a forme diverse di fatturazione – concludono – almeno per le aziende più piccole, perché è un aggravio che non serve allo sviluppo di un settore che mostra, ormai da diverso tempo, forti momenti di crisi. Se, come pensiamo, il Governo andrà avanti e non ci saranno ulteriori proroghe, speriamo almeno che le risorse recuperate dall’evasione fiscale vengano reinvestite proprio per la ripresa dell’agricoltura, magari incentivando il ricambio generazionale”.
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