LEGAMBIENTE Basilicata: ENIssioni pericolose

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La storia del petrolio in Basilicata continua ad essere una follia ed è il vero freno allo sviluppo del territorio

ENI dovrebbe abbandonare per manifesta incapacità: un miraggio l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili

 

Risulta incomprensibile la sorpresa generale rispetto alle indiscrezioni dei giorni scorsi relative ai dati dei monitoraggi sanitari compiuti a Viggiano e Grumento Nova sulle attività del COVA: ma davvero c’è mai stato qualcuno che ha pensato che l’attività estrattiva fosse innocua per il territorio ed i suoi abitanti?

In attesa dei dati ufficiali e di una loro lettura più approfondita si accentua ulteriormente la sensazione di rischio incombente per la popolazione locale, considerati gli infiniti ‘incidenti’ connessi all’attività estrattiva in questi vent’anni.

Al di là dei risultati della Commissione VIS e a maggior ragione se le anticipazioni verranno confermate, secondo Legambiente non è più procrastinabile la presenza ENI in Val d’Agri. Quella del petrolio si conferma una filiera oscura e foriera di distorsioni che danneggiano pesantemente i territori.  

Da tempo proviamo a dire che la Val d’Agri e la Basilicata si trovano a un bivio: riagganciare la modernità, che finalmente parla di agricoltura, di sostenibilità ambientale e di qualità della vita o assecondare dinamiche ed interessi che continuano a considerare lo sfruttamento delle risorse – piuttosto che la loro messa a valore – come premessa di non meglio definiti processi di sviluppo. L’attività estrattiva mette a rischio la salute e le risorse naturali di cui la Val d’Agri dispone. Violentare l’essenza della Val d’Agri significa comprometterne l’identità stessa, oltre che la dignità del territorio. Mentre il resto del mondo vive l’era del fine petrolio, in Basilicata non possiamo continuare a costruirci un futuro con il niente al centro.  

Dinamiche sovraordinate hanno determinato che l’attività estrattiva in Val d’Agri rappresentasse un interesse nazionale, di qui, a fronte degli interessi di una multinazionale privata, passano in secondo piano anche la tutela della salute ed il futuro della popolazione e del territorio della Val d’Agri, come se queste non fossero di interesse nazionale.

La sfida, anche in Basilicata,  è convincere i nostri ‘decisori’ che non vi può essere sviluppo senza qualità ambientale e sociale, elementi fondamentali per realizzare, anche nella nostra regione, un progetto capace di volgere in positivo il rapporto tra economia e ambiente.

In Basilicata più che altrove dovrebbe essere evidente che un vero percorso di sviluppo, effettivo e duraturo non può che passare dalla tutela e messa a valore delle risorse ambientali. Proteggere le aree ricche di biodiversità e gli ecosistemi particolarmente fragili, fare dell’ambiente naturale, dell’identità culturale e del paesaggio i tratti caratteristici del nostro territorio, puntando con decisione sull’innovazione e la conoscenza per garantire sviluppo ai nostri territori.

Di qui la necessità del blocco immediato delle attività estrattive, moratoria sull’attività di sfruttamento, oltre all’avvio di programmi di ripristino, bonifica e, soprattutto, di compensazione socio-ambientale, sono le esigenze contingenti del territorio; ma è necessario altresì avviare subito il processo di dismissione della stessa attività, promuovendo la riconversione produttiva verso comparti produttivi moderni e sostenibili.

Questa la vera sfida dei prossimi anni a cui è chiamata la Val d’Agri, l’intera Regione Basilicata e la stessa Eni.

E’ possibile, non è una chimera, si può fare e lo dimostrano i casi eccellenti come quello della Ruhr – con il declino delle industrie minerarie degli anni ‘70-’80, tutto sembrava compromesso, e invece  è stata la protagonista di un grande progetto di riconversione  realizzato in 10 anni, dal 1990 al 2000; costo: due miliardi e mezzo di euro; risanando i corsi d’acqua, migliorando i servizi, facendo nascere piccole imprese. Passando dal concetto di salvaguardia a quello di promozione del paesaggio: i cittadini della Ruhr hanno dimostrato di saper sognare: “noi vogliamo realizzare solo ciò che per decenni abbiamo immaginato”; è tempo che anche la Val d’Agri, ormai stanca di essere il frutto dell’immaginazione di altri, ritrovi la sua vera dimensione di sviluppo: oltre e lontana dal fossile.

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