La discontinuità territoriale non è un criterio scientifico ma una scelta politica al ribasso che non offre garanzie di buona gestione”
Legambiente chiede di correggere questa incongruenza
Dopo una gestazione durata oltre 15 anni il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato il disegno di legge per l’istituzione del Parco naturale regionale del Vulture.
“Avremmo voluto – dichiara Antonio Lanorte Presidente di Legambiente Basilicata – che questo potesse essere un momento storico oltre che per la Basilicata anche per Legambiente che in tutti questi anni si è battuta con convinzione per l’istituzione del Parco e ha contribuito in maniera decisiva a riavviare nel 2013, come sottolineò l’allora assessore all’Ambiente Berlinguer, il faticoso iter istitutivo che sembrava morto e sepolto dal 2007 sotto la spinta delle forze anti-parco”.
“Insomma – continua Lanorte – noi che siamo tra quelli che più hanno voluto il Parco del Vulture, siamo oggi costretti a dire che questo Parco non ci piace, cha la montagna ha definitivamente partorito un topolino sotto la forma di un perimetro striminzito, incomprensibile e probabilmente non idoneo a gestire adeguatamente la biodiversità“.
In sostanza si sono concretizzati i timori di veder nascere un’area protetta “mostruosa” dal punto di vista naturalistico-ambientale che non risponde a criteri scientifici e che risulta di fatto una brutta mediazione tra le spinte al ribasso di chi è sempre stato contro il parco e lo sviluppo sostenibile di quel territorio.
“Vane – secondo Antonio Nicoletti responsabile nazionale Aree Protette di Legambiente – sono state le nostre sollecitazioni affinché la volontà politica dell’ente regione sul Parco fosse priva di ambiguità, andando oltre l’applicazione di un processo partecipato e trasparente che noi abbiamo sempre riconosciuto alla Regione sulla vicenda, ma che si è rivelato monco in assenza di un atto di responsabilità finalizzato ad evitare di dare vita ad un Parco “a pezzi”, in assenza quindi di un atto di “coraggio politico” in grado di riportare quel Parco ad unità sul piano geografico e garantire una efficacia gestionale al territorio. Perciò oggi non è nato un Parco, che per come riconosce la legge deve avere una continuità territoriale in grado di garantire una adeguata protezione della natura, ma si sono accorpati una serie di territori a valenza naturale e alcuni siti natura 2000. Una cosa sensibilmente diversa da quanto ci si aspettava e non rispondente alle necessità di tutela e di valorizzazione del territorio del Vulture”.
“Perché questo era, secondo noi, – continua Nicoletti – il passaggio obbligato per rendere il nascente Parco realmente “dinamico” e creare un’area protetta vera in grado di connettersi con il territorio e capace di radicarsi nel tessuto sociale locale coinvolgendo enti e comunità, strumento reale e funzionale di conservazione della natura e della biodiversità”.
“Pertanto – sostiene ancora Lanorte – riteniamo che l’obiettivo prioritario a breve-medio termine debba essere quello di lavorare per ampliare il perimetro che deve ricomprendere aree in grado di connettere altri territori e ricostituire un’unità territoriale più coerente con gli obiettivi di tutelare la natura e valorizzare tutte le risorse del territorio. A ciò sarà orientata anche l’azione di Legambiente che ritiene il Parco del Vulture l’occasione vera per preservare e conservare i sistemi naturali e la biodiversità di uno dei territori più importanti della Basilicata, per porre le condizioni di uno sviluppo economico dell’area con nuove attività legate alla valorizzazione delle peculiarità ambientali, paesaggistiche e storico-culturali, elevando il potenziale competitivo del territorio rispetto ai settori strategici dell’economia di quell’area, quali l’agricoltura di qualità, il turismo, le produzioni tipiche, la manutenzione e gestione del patrimonio forestale”.
“E’ nostra convinzione – conclude Nicoletti – che il Parco Naturale Regionale del Vulture ripensato secondo criteri scientifici di omogeneità naturalistica ed ambientale, sia un tassello fondamentale per ripensare globalmente il sistema regionale delle aree protette, sostenendole sia con maggiori investimenti finanziari, sia dotandole delle strutture tecniche, scientifiche e gestionali necessarie al loro funzionamento“.
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