Ecco perché i cittadini dovrebbero essere veramente infuriati e la proposta dell’Unità di Crisi è un’opportunità da cogliere al volo per dare una svolta positiva.
“È una questione di primissimo piano – dice Michele Cataldi, portavoce dell’Unità di crisi sanitaria – fondamentale per garantire il diritto alla salute dei cittadini e contemporaneamente il lavoro di operatori pubblici e privati che siano.”
Partiamo da tre semplici domande le cui rispettive risposte dovrebbero essere la base di partenza ineludibile per poter organizzare un Servizio Sanitario Regionale che garantisca il diritto alla salute dei cittadini. Vediamo dunque, secondo Michele Cataldi portavoce dell’Unità di Crisi, quali sono queste domande e cerchiamo di capire chi dovrebbe fornire le necessarie risposte.
Quali prestazioni sanitarie servono? Quante ne servono? E dove occorrono?
Senza conoscere le risposte precise a queste domande non è possibile in alcun modo stabilire come debbano essere allocate in modo razionale ed efficace le risorse (siano esse umane, economiche o strutturali) del SSR.
Un’osservazione di questo tipo dovrebbe essere una banalità, ma purtroppo non è così. È come se una persona entrasse in un negozio per fare la spesa e mettesse cose a caso nel carrello, senza sapere cosa manca nella propria dispensa e quali siano le esigenze dei propri familiari, quando l’obiettivo, invece, dovrebbe essere quello di acquistare tutto il necessario e al minor costo possibile, dando una priorità alle varie esigenze, facendo sì che nessuno nella famiglia muoia di fame, mentre nel frattempo altri invece abbiano più del necessario che finirà inevitabilmente sperperato.
È chiaro che per quanto riguarda il SSR la questione è un po’ più complessa di così, che da queste prime tre domande ne scaturiscono poi altre che entrano con maggior dettaglio nelle questioni. Ed è su questi dettagli che si dovrebbe misurare e valutare il valore o meno di una classe dirigente ed amministrativa. Ma fino ad oggi in Basilicata, ahinoi, siamo ben lontani dall’adozione di un qualsiasi minimo criterio razionale per poter gestire in modo efficace il servizio sanitario pubblico.
È incredibile a dirsi, ma non abbiamo ancora risposte a queste domande di base, nonostante ci sia una legge nazionale al riguardo ormai vecchia di oltre 30 anni che obbliga le Regioni a farlo! Allora, verrebbe da chiedersi, perchè questo censimento dei fabbisogni sanitari non viene realizzato (o come vedremo più avanti, preso a criterio fondamentale)? Se non è una logica basata sulle necessità dei pazienti a guidare le scelte del SSR, quali sono i criteri? Si tratta di una questione che dovrebbe veramente, ma veramente far infuriare i cittadini. Tutto parte da qui, tutte le discrepanze di servizi sui vari territori, i ritardi nelle cure e le carenze della sanità lucana, nascono principalmente dal fatto che non è mai stato adottato questo benedetto censimento dei fabbisogni sanitari! Parliamoci chiaro, non è che se domani uscissero i fabbisogni la nostra regione riuscirebbe di punto in bianco a riorganizzarsi in modo immediato, partendo da un sistema che per anni si è nutrito e strutturato in base a logiche più vicine ad interessi personali e di apparato che alle vere necessità dei cittadini. Ma sicuramente è il primo passo da fare, fondamentale, per poter ripartire e risolvere i tanti disagi che quotidianamente sperimentiamo noi cittadini e operatori della sanità.
Il censimento dei fabbisogni serve a capire se le energie sono ben spese e non sperperate, per capire effettivamente quali sono le prestazioni di cui si ha necessità e dove; serve a capire dove ci sono carenze, dove si possono operare ottimizzazioni e dove poter risparmiare per poter allocare risorse altrove. Ciò è importante e vale sia per le strutture pubbliche che private accreditate, ma soprattutto è importante perché darebbe una risposta giusta ed efficace alla salute dei pazienti.
Perché c’è resistenza ad operare in modo trasparente e razionale? Perché gli uffici regionali deputati fanno resistenza o, nel migliore dei casi, agiscono con estrema lentezza ed inefficienza? Perché la Giunta non riesce a stabilire una data certa ed appare in balia degli uffici? Chi può essere contrario?
Magari si scopre che tutto questo avviene poiché la gestione della sanità pubblica è governata da sistemi e logiche di potere che non hanno nulla a che vedere, e che sono addirittura incompatibili, con quello che dovrebbe essere l’unico e prioritario obiettivo dell’amministrazione e della classe politica, ovvero quello di garantire il diritto alla salute ai propri cittadini e con la spesa minore per la collettività. Se l’organizzazione e la suddivisione delle risorse non è fondata sulle esigenze dei cittadini su cosa mai dovrebbe essere fondata ci domandiamo?
Il mancato censimento dei fabbisogni dovrebbe essere un argomento di primo piano all’interno del dibattito pubblico e politico. Una questione che impatta in modo determinante e tragico sulla pelle delle persone, un tema che dovrebbe essere cruciale nello scegliere a chi dare il proprio voto. Invece sembra che la volontà sia quella di parlarne il meno possibile e di non informare adeguatamente i cittadini.
Sono stati fatti numerosi annunci sulla realizzazione del censimento dei fabbisogni, perché è evidente che è un argomento che non si può ignorare, una questione che la legge obbliga a non ignorare, ma di fatto al momento non c’è né traccia, nonostante in diverse occasioni pubbliche le istituzioni li hanno anche presentati. Ma allora perchè non vengono presi in considerazione? La Giunta è forse sotto ricatto da qualcuno? Se così fosse denunciatelo pubblicamente, avrete tutto l’appoggio di cittadini e associazioni, ma soprattutto avrete dimostrato il senso di responsabilità che si deve alle istituzioni pubbliche. Diversamente, e purtroppo, l’irresponsabilità sarebbe soltanto politica.
Ricordiamo che esiste uno specifico ufficio regionale dedicato alla questione dall’eloquente nome “Pianificazione sanitaria, verifica degli obiettivi, innovazione e qualità” all’interno della “Direzione generale per la salute e le politiche della persona”, i cui funzionari sono lautamente pagati e che, a quanto pare è sorprendentemente latitante su questo tema. Come dovrebbe fare questo ufficio a pianificare la Sanità Lucana se non ha fabbisogni di riferimento? E che responsabilità ha questo ufficio sulla mancata formulazione dei fabbisogni? Possibile che non ci sia una comunicazione pubblica e trasparente al riguardo? I cittadini hanno o non hanno il diritto di sapere che sta succedendo e di chi è la causa delle criticità attuali?
La Politica, con la P maiuscola, non dovrebbe mettere una scadenza agli uffici? E, se gli obiettivi non sono raggiunti, agire di conseguenza, ovvero rimuovere dagli incarichi chi si è rivelato inadeguato a ricoprirli?
Con la proposta composta da pochi e chiari articoli consegnata dall’Unità di Crisi al Consiglio regionale, affinché venga inserita come emendamento nella legge di bilancio, si può risolvere rapidamente il problema a costo zero. Il Consiglio Regionale ha la possibilità di dare una svolta importante e positiva, oseremmo dire storica, a tutta la questione. In audizione ogni consigliere si è dimostrato disponibile al riguardo, il voto che i consiglieri esprimeranno sulla proposta che, visti i confronti avvenuti, ci aspetteremmo in buona fede venga approvata all’unanimità, rappresenterebbe un segnale chiaro riguardo alla volontà dei consiglieri lucani di voler veramente prendersi la responsabilità e gli onori di risolvere una questione che si trascina da troppo, ma veramente troppo tempo, creando sofferenze ai cittadini. Ma se non fosse così, se la proposta non venisse votata, quanto meno ci sarà stata trasparenza ed ognuno ne darà conto ai propri elettori spiegandone i motivi. In Consiglio regionale ci sarà una sorta di macchina della verità, benefica in ogni caso. Finalmente sapremo definitivamente chi ha davvero a cuore la difesa della salute dei cittadini.–
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