Anche nella food art, come nella scienza, l’errore può segnare un importante punto di svolta. In questo caso quello del sous-chef giapponese nell’Osteria Francescana di Modena. Gli cade di mano e si disfa la tart al limone. L’incidente, che avrebbe mandato fuori di testa gran parte degli chef stellati, offre al genio di Massimo Bottura la risposta ad alcune sue storiche perplessità sulle decorazioni e le croste di quel dessert. E così nasce “oops, I dropped the lemon tart”, una torta destrutturata che diventa al tempo stesso un’attrazione del ristorante e un’icona dell’arte culinaria del terzo millennio.
Questa e tante altre storie hanno ispirato e animato il workshop che Nick Difino, food performer e autore ha condotto da martedì a giovedì per realizzare con decine di cittadini permanenti e temporanei di Matera “Les Tableaux Mangeants”, installazione costituita da elementi commestibili dove il cibo trascende il piatto. Il laboratorio ha rappresentato il primo evento di “Edible Orchestra”, un progetto di Matera 2019, capitale europea della cultura, focalizzato sul cibo inteso come valore essenziale per il benessere e l’economia di una comunità.
Entro il 2050 la Terra ospiterà probabilmente oltre 9 miliardi di abitanti, con un crescente bisogno di cibo. La produzione e la distribuzione alimentare diventano così questione essenzialmente
politica.
La location scelta, il mercatino rionale di via Ascanio Persio, in pieno centro cittadino, alludeva appunto all’agorà come luogo collettivo della decisione comunitaria. Il clima capriccioso di aprile ha imposto una riorganizzazione dell’ultimora, con i workshop e le presentazioni editoriali (Valicenti, Liberti) trasferiti nelle sedi della Fondazione Matera Basilicata 2019 e il concerto finale dell’Edible Orchestra, che usa i frutti della terra come strumenti musicali, sabato sera all’Auditorium Gervasio di piazza Sedile.
Ha antichi saperi didattici, Nick Difino, maturati in esperienze di docente e di formatore. E così lui ci ha messo il metodo, i partecipanti i contenuti. In tre giorni si è passati così dal racconto dei cibi del
ricordo e della tradizione a una selezione condivisa dei piatti da cucinare, da una lezione flash di storia dell’arte per condividere le nozioni essenziali alla scelta delle pietanze che rispondessero al tempo stesso al sentimento e all’estetica dell’opera. Tra l’altro la significativa partecipazione al laboratorio di cittadini temporanei della capitale europea della cultura (greci, serbi, albanesi) ha
permesso di arricchire la realizzazione dei colori e dei profumi della cucina mediterranea. Così giovedì mattina, dopo una spesa ovviamente a chilometro zero, gli austeri locali dell’ex convento di Santa Lucia hanno ospitato prima la cucina da campo e poi le tavole-tavolozze per realizzare l’installazione.
A completare l’opera la degustazione, scandita dal dj set, rigorosamente in presa diretta dalla tavola mangiante. I piatti fusi nell’installazione sono stati apprezzati dai partecipanti alla fase finale del laboratorio.
“I laboratori e l’opera artistica finale – afferma Agostino Riitano, della Fondazione Matera Basilicata 2019 e coordinatore del progetto – sono stati molto coinvolgenti ed hanno visto la partecipazione di decine di cittadini che hanno avuto la possibilità di conoscere i segreti della food art. Altrettanto interessante sarà l’appuntamento con Don Pasta che si esibirà stasera, alle 20, nell’auditorium del Conservatorio dove si incroceranno la musica e la cucina. Ingresso solo con passaporto senza prenotazione fino ad esaurimento posti”.
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