PERMESSO DI RICERCA PETROLIFERA MASSERIA LA ROCCA, PEDICINI (M5S): SUBITO IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO PER EVITARE UN ALTRO ATTACCO AL TERRITORIO LUCANO

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L’attacco delle compagnie petrolifere nei riguardi della Basilicata continua senza soste.

Oltre all’annunciata riapertura del Cova-Eni in Val d’Agri e alla possibilità che nel 2018 venga attivato il centro oli Tempa Rossa della Total, ci sono varie richieste di permessi di ricerca petrolifera che interessano molte aree della regione.

Una delle richieste di ricerca più insidiose riguarda il permesso Masseria La Rocca della Rockhopper Italia s.p.a, Total e Eni, che ricade in un vasto territorio del comune di Brindisi Montagna confinante con il comune di Potenza.

Dopo che il 26 maggio scorso, il Tar della Basilicata ha annullato la delibera della giunta regionale che dava parere negativo all’istanza di permesso, a seguito di una mozione del M5S votata all’unanimità dal consiglio regionale, occorre attivarsi per rimettere al centro dell’attenzione il rischio che in quella area ritornino le devastazioni dei petrolieri.

La prima cosa da fare, è quella di spingere la Regione Basilicata a presentare un immediato ricorso al Consiglio di Stato per far fronte alla sentenza del Tar. Se ciò non avvenisse, le decisioni in merito al permesso di ricerca verrebbero assunte dalla presidenza del Consiglio dei ministri che, grazie alla legge Sblocca Italia, potrebbe dare l’autorizzazione scavalcando definitivamente la Regione, il Comune di Brindisi Montagna e il parere dei cittadini.

Ovviamente, per non correre il rischio di avere torto dal Consiglio di Stato, è necessario che la Regione faccia predisporre ai propri legali un appello tecnicamente e giuridicamente ineccepibile, capace di fronteggiare le argomentazioni proposte nella sentenza del Tar e di far emergere tutto quello che nel corso degli anni ha riguardato l’intricata vicenda di questo permesso di ricerca.

Se la Regione, che ha già grosse responsabilità per le gravi inadempienze del passato, non si attiverà in modo serio, sarà urgente e indispensabile un’ulteriore e forte mobilitazione popolare di cittadini e associazioni ambientaliste. Il M5S, naturalmente, sarà in prima linea.

Com’è noto, questo permesso è legato territorialmente e anche giudiziariamente al vecchio permesso Monte Grosso, già interessato da pozzi di prospezione attivati nel 1998-99 che, avendo provocato vari danni ambientali, sono oggetto di un’inchiesta della Procura di Potenza. Infatti, secondo le accuse, con il pozzo Monte Grosso 1, le compagnie petrolifere, negli anni scorsi, sversarono i fanghi di perforazione lungo la montagna e generarono un serio inquinamento delle acque sotterranee, tra cui la sorgente Casone di Brindisi di Montagna, dove è stata riscontrata una presenza di metalli pesanti superiore alla norma.

Va evidenziato che probabilmente per queste ragioni, i richiedenti dell’istanza hanno abbandonato il pozzo di Monte Grosso e, pur di continuare nel loro intento, hanno presentato la richiesta di permesso per Masseria La Rocca che si trova all’altro lato della montagna. E’ probabile, pertanto, che se le società petrolifere riusciranno ad effettuare le trivellazioni, il greggio estratto lo potrebbero trasportare tramite un oleodotto nel centro oli Total in costruzione a Tempa Rossa.

Va aggiunto che oltre all’inchiesta giudiziaria, l’intera vicenda è caratterizzata da complesse vicende formali, normative e costituzionali che si sono concatenate negli anni e che investono le competenze e le prerogative di governo nazionale, ministeri competenti e Regione Basilicata.

Tuttavia, ricordiamo che l’istanza è stata presentata dalla Rockhopper Italia s.p.a. titolare del permesso con il 30%, insieme a Total (38%) e a Eni (32%). La Rockhopper Italia s.p.a, in qualità di richiedente dell’istanza di permesso di ricerca ha presentato il ricorso al Tar.

L’istanza Masseria La Rocca è un permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi che interessa un’area di circa 13 chilometri quadrati. Il 99,6 per cento dell’area ricade nel comune di Brindisi Montagna, l’altra parte, lo 0,4 per cento, si trova nel comune di Potenza. Il progetto di ricerca prevede l’esecuzione di studi geologici e geochimici, il rilievo sismico per circa 20 chilometri, l’esecuzione di un rilievo magnotellurico e la perforazione di un sondaggio esplorativo della profondità di circa 7 mila metri.

Va anche detto che l’aggressione a questa zona, che è vicinissima a Potenza e lambisce la foresta Grancia, è molto più ampia, in quanto ci sono altre richieste di permesso di ricerca: il permesso “Pignola”, il permesso “Anzi” e poi la richiesta di ampliamento del permesso “Gorgoglione”.

Se le società petrolifere non verranno fermate, sarà inferto un altro colpo vitale ad una delle aree interne più belle della Basilicata che, invece di puntare sul turismo naturalistico, sull’agricoltura di qualità e sui prodotti tipici di eccellenza, verrebbe devastata dalle trivelle.

 

PIERNICOLA PEDICINIEurodeputato del M5S

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