L’ennesima fuoriuscita di fumo nero e puzzolente dal camino di un termodistruttore del Centro oli Eni di Viggiano rimette al centro dell’attenzione l’emergenza ambientale che vivono da anni i cittadini della Val d’Agri.
Speravamo che l’inchiesta Trivellopoli, avviata dalla magistratura antimafia a marzo scorso, riuscisse a mettere un freno ai danni provocati dalle attività del Centro oli e dalle estrazioni petrolifere, invece non è accaduto niente di nuovo e tutto sembra ritornato alla stessa situazione che c’era prima dell’indagine giudiziaria.
59 persone e 10 società sono sotto processo presso il Tribunale di Potenza per presunto traffico illecito di rifiuti dal Centro oli di Viggiano all’impianto Tecnoparco di Pisticci e per i lavori di realizzazione del Centro oli di Corleto Perticara. Ma, contestualmente, le devastazioni vanno avanti indisturbate: la Val d’Agri resta ostaggio del mostro a sei zampe, a Tempa rossa si sta completando il Centro oli della Total, i pozzi petroliferi succhiano indisturbati greggio dalle viscere del sottosuolo lucano.
Arresti, sequestri, denunce, manifestazioni, boschi, sorgenti e splendidi territori incontaminati distrutti, agricoltura e sviluppo turistico in ginocchio, rischi per la salute pubblica e per la diga del Pertusillo, oltre al referendum con cui il 96 per cento dei lucani ha detto no alle trivelle. Nonostante questa situazione, gli interessi economici e le lobby del petrolio continuano a fare quello che vogliono e non si fermano davanti a nulla.
Se ciò succede, però, è perché le multinazionali delle trivelle hanno dei complici nelle istituzioni pubbliche. Istituzioni che invece di salvaguardare i cittadini sono colluse con chi mira solo al profitto e agli affari. La Regione Basilicata e il governo di Roma in mano al Pd, da troppo tempo ignorano il punto di vista della maggioranza dei lucani e varano leggi e norme ad hoc che consentono lo scempio in atto.
E’ il momento di dire basta. Il governatore Pittella e i suoi alleati si assumano le responsabilità che gli competono, i parlamentari lucani sbattano i pugni sui tavoli del ministero dell’Ambiente. La magistratura torni di nuovo in campo e faccia ulteriori controlli e verifiche.
Non possiamo consentire che la Val d’Agri resti sola e abbandonata a sé stessa. Salute e sicurezza prima di tutto. La rabbia dei cittadini sta crescendo e il balletto delle rassicurazioni dell’Arpab e dell’Eni, che in riferimento agli “incidenti” al Centro Oli Eni dicono “è tutto a posto, è tutto nelle norme”, è inverosimile e poco credibile.
Rifiutiamo di pensare che l’inchiesta Trivellopoli e il processo in corso non siano riusciti a bloccare i soprusi e le forzature che si stanno perpetrando e rischino di rilevarsi solo come un grande momento mediatico. Le eventuali condanne che ci saranno dopo il processo (ci auguriamo che ci siano), non restituiranno alla Val d’Agri, al Camastra Alto Sauro, alla diga del Pertusillo e ai cittadini di questi territori, la qualità dell’ecosistema e le possibilità di sviluppo compatibile che c’erano prima delle trivellazioni.
Quindi, occorre fermare le distruzioni in atto per non aggravare ulteriormente la situazione.
PIERNICOLA PEDICINI – Eurodeputato del M5S
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