Il dottor Raffaello Glinni sulle tracce di Omero
di Giorgia Verna. Il Mattino.
«Ho trovato il Palazzo di Ulisse». Lo dice così, Raffaello Glinni, al telefono, febbrile ed eccitato come un bambino. Il suo stupore è sincero, la sua gioia reale. L’ipotesi che il dottor Glinni, direttore scientifico del Museo C.E.R.A. di Rapone, porta avanti, potrebbe essere la testimonianza concreta che una città italiana avrebbe ispirato una parte dei racconti dell’Odissea: Gaeta.
In particolare, la città sarebbe il luogo dove sarebbe stato in origine ubicato il palazzo di Alcinoo, re dei Feaci, nel quale Ulisse (o Odisseo) avrebbe narrato le sue grandi gesta. «In realtà, la sede mitica sul racconto dell’Odissea se la sono contese tante città tra cui anche Trapani. Ci sono molti libri in merito, ma nessuna ha una corrispondenza così netta tra narrazione e realtà geografica come Gaeta. Nessuna» ripete il Glinni.
Affiancato dal professor Guglielmo Giovannelli Marconi, docente e direttore del dipartimento scienze umanistiche, della Unimerier, Raffaello Glinni si è messo sulle tracce di Ulisse dopo essere stato incuriosito da un libro su misteri irrisolti, all’interno del quale aveva trovato anche il racconto sul palazzo di Alcinoo. Secondo il mito, infatti, il giovane eroe, naufragato sulla costa, viene ritrovato ed aiutato da Nausicaa, figlia del Re dei Feaci, che lo indirizza al palazzo del padre Alcinoo, dando delle indicazioni precise sulla località dove andare. «Direi troppo precise, quasi come se qualcuno avesse davvero visto quei luoghi. Del resto la stessa Nausicaa potrebbe essere l’autrice dell’Odissea».
Questa è un’ulteriore ipotesi che molti studiosi prendono in considerazione. Spiega Glinni che il nome Omero (colui a cui sono sempre state attribuite le due opere epiche: Iliade e Odissea) significa “colui che non vede”. Le donne, al tempo, non potevano scrivere testi e poemi. La stessa Nausicaa, quando aiuta Ulisse, gli intima che dovrà presentarsi da solo alla reggia dei Feaci, perché, se fosse stata lei ad introdurlo, sarebbe stato visto come un gesto negativo. «Omero, dunque, potrebbe significare “colui che non deve essere visto, che si fa da parte” ovvero, una donna».
Le corrispondenze con la città di Gaeta
Troverai una città distesa fra due porti, collegati tra loro da una stretta striscia di terra (Odissea VII)
Così diceva la bella Nausicaa all’eroe e descrivendo la terra Scheria, “terra che si protende” nel mare. Questa descrizione corrisponderebbe alla posizione di Gaeta dove un porto è in funzione, l’altro, la grande spiaggia dove venivano tirate in secco le barche, è oggi la marina di Serapo.
Anche questa risulta un’ulteriore corrispondenza. Infatti, secondo la storia, la nave dei Feaci venne trasformata in uno scoglio da Poseidone, all’imbocco dell’insenatura del porto, ed all’ingresso è ben visibile la nave di Serapo, la cui denominazione risale a tempo immemorabile, e legata proprio alla leggenda della Barca dei Feaci, trasformata in scoglio.
Mai la nave feacia arriverà a Schèria, quella nave che correva sicura, diritta, più veloce del nibbio, dello sparviero, e dietro l’onda del mare urlante spumeggiava sconvolta; perché Poseidone, quando già la nave è in vista della città – affinché tutti i Feaci possano assistere dalla riva alla punizione divina – la trasformerà in pietra, fermandola nella sua rapida corsa e radicandola nel profondo del mare (da Omero, Odissea)
Ulteriore corrispondenza nella narrazione dell’Odissea sarebbe, inoltre, la presenza di un antico edificio nel lembo di terra tra i due porti, dove tutt’oggi sono visibili grandi mura ciclopiche, sul colle Atratino e via indipendenza, risalenti proprio al periodo in cui è stato scritto il poema. Da notare che i Feaci erano detti figli degli uomini e dei giganti, proprio per tali costruzioni con massi ciclopici.
La struttura di una parte delle mura ciclopiche, sembrerebbe appartenere ad un palazzo di grandi dimensioni, tali da far supporre una struttura di epoca omerica e destinazione regale, per la presenza di una grande porta. Su tale struttura si incentrano le ricerche, perché, ove dimostrata l’ipotesi, si tratterebbe proprio di un locus simile alla reggia indicata da Nausicaa.
Infine, all’interno del palazzo ci sono due sorgenti, di cui una sotterranea in una grotta, tutt’oggi presenti, proprio come descritto del poema:
Vi sono due fonti. Una si spande per tutto il giardino, l’altra sotto la soglia dell’atrio scorre verso l’alto palazzo: i cittadini attingono ad essa (da Omero, Odissea VII, vv. 81-132)
Dall’esame dell’Odissea si evince una corrispondenza totale con la situazione logistica e strutturale di Gaeta. Benché questa sia ad oggi una mera ipotesi, le ricerche del dottor Glinni svelerebbero il mistero del “palazzo di Ulisse” che potrebbe aver ispirato le narrazioni epiche.
Infine, all’interno del palazzo ci sono due sorgenti, di cui una sotterranea in una grotta, tutt’oggi presenti, proprio come descritto del poema: «Vi sono due fonti. Una si spande per tutto il giardino, l’altra sotto la soglia dell’atrio scorre verso l’alto palazzo: i cittadini attingono ad essa” (da Omero, Odissea VII, vv. 81-132). «In questo devo ringraziare l’ingegner Di Mille. Mi ha portato per tutta Gaeta, fin dentro le case delle persone, per scoprire queste sorgenti sotterranee. Proprio come nel poema, abbiamo trovato il percorso della sorgente da cui si accede sotto due rocce. La sorgente indicata ai tempi dell’Odissea, viene ancora oggi viene usata dalle persone per irrigare i campi». «Il prossimo step sarà fare ricerche sotterranee e per altri riferimenti archeologici. Vogliamo vedere se ci sono delle fondamenta antiche e scoprire il percorso della sorgente fino al mare». Uno studio attento e meticoloso porta così a un’ipotesi concreta che potrebbe svelare l’antico mistero del “Palazzo di Ulisse».
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